Ci sono dei concetti che nel mondo del marketing sono stati acclarati.
Se io produco, unico in Italia, la Grappa di Papà Franz e la vendo attraverso dei negozi, devo applicare a tutti i miei rivenditori lo stesso prezzo.
Posso decidere di vendere il mio prodotto direttamente, ma il prezzo di listino dev’essere lo stesso che applico ai miei rivenditori, altrimenti ottengo solo un boicottaggio da parte di questi ultimi.
Se ho la fortuna di avere la legge dalla mia parte, “L’unico ammazzacaffé che si può bere in Italia è la Grappa di Papà Franz (art.1 del ddl 666/1964)” allora posso fare il bello e il cattivo tempo, ma devo rispettare i miei rivenditori.
Questa cosa è chiara a tutti, ma non alla FIDAL.
Qualche anno fa si è inventata la RunCard che doveva essere un incentivo ad affiliarsi.
Durava un anno, costava poco (rispetto all’iscriversi ad una società podistica) e doveva garantire le iscrizioni alle gare (una disamina, meno negativa della mia, nell’articolo di Marco Raffaelli).
Adesso è diventata solo uno strumento per fare soldi.
La puoi rinnovare quante volte vuoi.
La comperi alla Decathlon (qui il link) al prezzo di 20 euro (30 con un buono sconto di 10 euro da spendere in negozio).
Genera problemi al momento delle iscrizioni alle gare perché boicottata da organizzatori (e in generale poco funzionante).
E, soprattutto, ha un peccato originale: uccide le società sportive.
Le ASD vivono esclusivamente grazie alle iscrizioni dei soci.
Mediamente chiedono 70 euro all’anno (6/7 euro al mese) per darti l’affiliazione alla FIDAL, una divisa con cui gareggiare, una serie di appuntamenti e persone con cui correre.
Se la FIDAL si mette a far concorrenza alle società ottiene solo il più grosso autogoal della storia.
Se poi lo fa per meri motivi economici è doppiamente condannabile.
L’associazionismo (specialmente quello sportivo) in Italia è il vero motore attraverso il quale lo sport (e la cultura) vengono promossi e diffusi.
Ed è per questo che puzza da morire vedere che la Federazione che unisce atleti e società sportive, di fatto lavora contro le società sportive stesse.
Viene da chiedersi se, una volta fatte fuori le società, chiederà agli atleti più soldi o magari di gareggiare di meno per non generare troppo lavoro ai sistemi di controllo.
Noi che corriamo abbiamo un’unica arma a nostra disposizione: iscriviamoci alle società sportive.
Facciamolo anche quando non frequenteremo troppo la sede e gli eventi.
Facciamolo anche quando ci costa il doppio (in fondo la differenza è poco più di un paio di caffè al mese).
Facciamolo con il sorriso sulle labbra: sono le società sportive che hanno reso possibile e rendono possibile partecipare alle tante manifestazioni (dalle non competitive alle maratone).
Suona strano parlare di senso civico in quest’era.
Ma anche il senso sportivo è ormai perduto?