Uno stato di sospensione

Et voilà.
La scorsa settimana la magia è stata replicata. Ancora una volta.

ore 7.30 – a Milano il cielo è sereno, ma al bar mi dicono che è prevista pioggia.
ore 12.00 – infatti un’acquerugiola fastidiosa bagna l’asfalto e i tetti delle macchine.

Devo decidere cosa fare.
Avevo previsto di correre, ma non ho voglia di prendere l’acquazzone serale, quindi salto il pranzo e vado al campo XXV Aprile.
Si corre in Montagnetta!

Il cervello registra automaticamente le sensazioni. Tutte negative.
Le gambe non girano; il fiato è corto; il mio corpo è una massa ballonzolante intorno allo scheletro.

Cerco di convincermi: Sono già qui, so che dopo starò meglio, e poi sfogo un po’ di tensione della giornata

correndo nella pioggia

La pioggia sembra aumentare, si mescola al sudore che mi cola negli occhi.
Scollego il cervello dalla corsa e lo metto a riflettere sulla mia vita, sulle scelte che sto facendo, sugli affetti.

Così le gambe entrano nel ritmo giusto.
Assaporo la fatica per quello che è.
La mente vaga libera e io mi diverto una volta in più.

Quando incontro un amico che mi saluta, mi spiace persino uscire da questo stato di sospensione.

Ma giro l’angolo, arrivo all’auto, fermo il cronometro.
Erano mesi che non riuscivo a correre 10 chilometri in progressione.

Sono di nuovo pronto a reimmetermi nella routine.
E il pomeriggio in ufficio è volato

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