Di ritorno da una tre giorni piuttosto intensa a Milano, dove ero passato dall’ufficio all’hotel con qualche breve digressione al ristorante, sono arrivato a casa che era oramai sera inoltrata.
Parcheggiata l’automobile nel mio solito posto accanto al torrente sono sceso con la testa ancora immersa nel programma della giornata successiva.
La prima carezza me l’ha data il freddo. C’erano 3 gradi, poco diversi dagli 8 delle serate milanesi, ma mentre lì si trattava di un abbraccio appiccicoso di umidità, qui era il ruvido passaggio dell’aria sul viso.
Mi sono fermato, improvvisamente consapevole del momento, ed ho alzato gli occhi.
La volta del cielo era di un blu profondo, quasi nero, punteggiato di stelle brillanti. Di fronte a me, come uno scenario, si apriva uno sfondo nero di montagne i cui bordi superiori erano resi luminescenti dalla neve.
Sono rimasto a bocca aperta per la magia di quell’istante e, immemore dei pensieri che mi affollavano la testa, mi sono perso per qualche minuto ad osservare il panorama. Le luci dei paesini sulle pendici dei monti, e più sotto, nel fondo valle, la scia luminosa della città.
Finalmente mi sono riscosso e mi sono girato verso l’auto per scaricare le borse.
E allora, l’ho vista.
Bassa sull’orizzonte, la luna piena, bianca, gigante, giocava a nascondino tra i fusti alti degli alberi del bosco.
Un’immagine perfetta.
Quando la realtà supera l’immaginazione.
E’ stato un uno-due che, come un vecchio pugile sul ring, mi ha steso.
E’ possibile abituarsi alla bellezza?
Non credo. O meglio, spero proprio di no.
Spero di riuscire a meravigliarmi sempre delle cose belle.
Una notte stellata tra i monti, lo stormire del vento tra i rami, il sorriso della persona che amo.