Runner inside

Il paradosso della corsa spiegato ai non corridori.
Come essere felici e mantenersi in forma.

corridore felice

C’è un paradosso che è proprio del correre che rende quest’attività particolarmente affine al mio carattere.
Mi riferisco al fatto che, per quanto la corsa sia basata su misure precise, produce effetti non misurabili.

Prendiamoci un momento per pensare a quante cose misuriamo quando iniziamo a correre.
Le prime volte, ovviamente, controlliamo l’orologio per vedere per quanti minuti abbiamo resistito prima di iniziare a camminare.
Via via che miglioriamo iniziamo ad essere assilati da quanti chilometri abbiamo corso in quella sessione.
Poi iniziamo ad ascoltare i consigli dei più esperti e ci alleniamo tenendo d’occhio i BPM (battiti per minuto) cioé la frequenza cardiaca.
Se vogliamo preparare una gara metodicamente, iniziamo ad incrociare Tempo e Spazio per misurare la velocità (espressa in minuti per chilometro).

La corsa diventa tutto un misurare, un registrare, un calibrare ritmi e distanze per partorire la misura delle misure, il Sacro Graal del podista: il Personal Best.

Quando due cani si incontrano si annusano reciprocamente il sottocoda.
Quando due podisti si incontrano si chiedono reciprocamente “Quanto hai nella mezza?”

Ma dov’è il paradosso di cui accennavo all’inizio?
Fino a questo momento abbiamo scandito ogni passo, misurato ogni frequenza, paragonato ogni ritmo.
Eppure il prodotto ultimo del corridore evoluto non è misurabile: correre dà felicità. E la felicità non è misurabile.

corridore felice

L’Homo Sapiens (e l’Homo Currens è una sua derivazione) non è in grado di misurare le proprie emozioni.
So che non ci credete, ma è così…

Parlavamo di felicità: sareste in grado di dire se vi rende più felice rivedere un vecchio amico o passare una sera a leggere un buon libro o svegliarvi al mattino con la consapevolezza di aver dormito accanto alla persona giusta per voi?
Magari un giorno la felicità è l’amico, e magari un altro giorno è il libro. Dipende dallo stato d’animo.

Naturalmente ci sono cose che ci rendono più felici di altre in un determinato momento, perché (e questa è una delle caratteristiche dell’emozione) la felicità è fatta di attimi non è uno status permanente.

E noi Uomini non siamo in grado di prevedere quanta felicità riceveremo da un incontro ne’ di misurarla dopo che l’abbiamo provata.

Sarebbe troppo facile entrare nella Bottega delle Emozioni e chiedere “Mi dia un chilo di felicità. E già che c’è mi aggiunga un etto e mezzo di malinconia che, prese assieme, mi si esalta il gusto…”

La felicità è un atto di fede: tu vivi la tua vita e fai le tue scelte non per raggiungere la felicità ma perché quella è la tua vita e quelle sono le tue scelte.
La felicità è una conseguenza.
Più quello che fai è vicino a quello che sei, più è probabile che tu viva felice.

E la corsa?
Se sei fatto per correre, correre ti rende felice.
Poi puoi usare le gare per motivarti,
puoi inseguire un tempo per far accrescere la tua autostima,
puoi tenere d’occhio i battiti per non farti del male…
ma se scavi in fondo a te stesso, il primo motivo per uscire a correre dev’essere che sei un runner.

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